24 dicembre 1874 – l’ascensione invernale dell’Uja di Mondrone

14 Nov 2024 | Articoli e racconti, News & Articoli

Il 24 dicembre 2024 saranno 150 anni dalla prima salita invernale dell’Uja di Mondrone, avvenuta la Vigilia di Natale del 1874. Una data storica in quanto quell’ascensione segnò l’inizio dell’alpinismo invernale in Italia. Oggigiorno siamo abituati ad inverni secchi e spesse volte caldi ma in quei tempi le condizioni erano profondamente diverse, per di più le località montane non erano così facilmente raggiungibili e soprattutto mai nessuno si era ancora cimentato in una salita nella stagione più fredda. Per questo fu una vera impresa che merita di essere ricordata.

Con piacere vi proponiamo lo scritto di Enrico Pessiva che ripercorre la storia dell’invernale alla Mondrone

 

24 dicembre 1874 – l’ascensione invernale dell’Uja di Mondrone

di Enrico Pessiva    

 

24 dicembre 1874.

150 anni fa Alessandro Emilio Martelli e Luigi Vaccarone, con la grande guida di Balme Antonio Castagneri, detto Toni dei Tuni e i portatori Giuseppe e Pietro Castagneri, salgono per la prima volta l’Uja di Mondrone d’inverno.

la famosa guida di Balme Antonio Castagneri

L’importanza di quell’impresa è dovuta al fatto che “con quest’ ascensione s’ iniziavano tra i soci del Club Alpino Italiano le corse invernali, sino allora non praticate”.

In sostanza quella data segna l’inizio dell’ alpinismo invernale in Italia.

La molla che li spinge a cimentarsi in quel tipo di ascensioni arriva dalle notizie di alcune salite invernali effettuate con successo in Oberland, innanzitutto alla Jungfrau e al Monch.

Alpinismo Invernale di Marcel Kurz

Tra i soci del Club Alpino le opinioni sono discordi su quali possano essere le condizioni dell’ alta montagna d’ inverno e di questo si ragiona tra i dubbi e lo scetticismo dei più, finché Martelli e Vaccarone non propongono di accettare la sfida e andare a vedere sul posto.

Le montagne delle Valli di Lanzo sono le più vicine e conosciute, la valente guida Antonio Castagneri sta a Balme  e la Ciamarella, alta quasi 3700 metri sembra essere l’ obiettivo ideale: l’itinerario fino al Pian Gias è conosciuto e percorso anche d’ inverno per raggiungere e scavalcare il  passo del Collerin con merci di contrabbando e da lì la via non è più né lunga né incerta.

la Cjamarella

E così il 23 dicembre i due si mettono in viaggio:  fino a Lanzo con l’ omnibus e poi in diligenza raggiungono Ceres, da dove in 4 ore di cammino si arriva a Balme. Mentre salgono lo sguardo è allietato della vista della torreggiante Uja di Mondrone, così simile al Cervino; dopo Ala di Stura le sue linee si addolciscono e appare sul fondo la sagoma turrita della Bessanese; sono due obiettivi già ardui in estate ed è inutile farsi illusioni d’inverno.

Balme  

Percorrono un ambiente insolito per loro, tra muri di neve e colate di ghiaccio e quando arrivano a Balme, sepolta dalla neve, vanno subito a cercare la guida per metterla al corrente del loro progetto e fargli valutare le possibilità di successo. Si dirigono poi tutti assieme all’albergo Camusot, dove intendono pernottare; in realtà l’unico locale abitato in quel periodo è la stalla, in cui si riesce ad avere un po’ di tepore: la camera da letto in cui dovranno passare la notte è sì meno profumata, ma decisamente più gelida.

Mentre attendono la cena, continuano a ragionare su quali possano essere le difficoltà e i pericoli di quell’ impresa mai tentata prima di allora. Toni dei Tuni è perplesso e la sua conclusione sembra essere in un primo momento scoraggiante: la Ciamarella in un giorno non si può fare e mancano dei ricoveri intermedi per fermarsi a pernottare, ma…

“e se andassimo sull’Uja di Mondrone? È una prova che faremo, potrà riuscire o non  riuscire”.

Il dado è tratto e prima dell’ alba sono già in marcia, seguendo il sentiero battuto fino a Molera.

frazione Molette situata sotto Molera

Da lì in avanti la progressione diventa lenta e faticosa: in qualche punto si sprofonda fino alla cintola nella abbondante neve fresca, fra cespugli nascosti e buche tra i sassi, mentre dove il vento ha lavorato comprimendo la neve, può essere necessario intagliare dei gradini.

Al sorgere del sole possono ammirare in una luce abbagliante un ambiente pieno di fascino, ma così diverso da quello estivo a cui sono  abituati. Proseguono di buona lena,  in un alternarsi di tratti di neve farinosa oppure durissima, fin sotto l’ ultima parte della salita, dove le rocce si raddrizzano decisamente.

la Mondrone in inverno

E’ quindi tempo di legarsi e con grande cautela affrontano quello che è il tratto più arduo del percorso, fino ad affacciarsi sulla parte finale della cresta sud,  da cui possono ammirare l’alta valle con le sue grandi montagne innevate e più sotto lo specchio del lago Mercurin. Sono accaldati anche se la temperatura è gelida e scoprono che se toccano il ferro della piccozza a mani nude le dita vi restano attaccate. Constateranno tuttavia che quel giorno anche a Torino non faceva molto più caldo.

parete nord della Mondrone

Giunti in cima annunciano alla valle il loro successo con alcuni colpi di pistola e, mentre Vaccarone compila il verbale dell’ ascensione, Martelli si impegna a disegnare vari profili panoramici. È già tempo di scendere e con l’aiuto della corda procedono cauti e guardinghi fino a che, sui pendii inferiori, si possono lasciare andare a grandi scivolate in un divertimento quasi fanciullesco e tuttavia si impegnano anche “a meglio riconoscere le condizioni della neve alle varie altitudini secondo il fine che aveva motivato la loro impresa”

la vetta della Mondrone, il Cervino della Val d’Ala

E’ ormai sera quando rientrano a Balme, anche qui facendosi annunciare da alcuni spari. Tutto il paese viene loro incontro festante e dopo grandi brindisi, svanita o almeno dimenticata la stanchezza, acconsentono all’invito del parroco Francesco Didier Della Motta, partecipando alla messa di mezzanotte di Natale.

Il giorno seguente fanno ritorno a Torino dopo essersi congedati dalla loro guida, “con un a rivederci fra non molto, per compiere uno dei tanti progetti che avevamo già formato sulla base della riuscita prova.”

Martelli e Vaccarone, nascita dell’alpinismo invernale

E a conclusione Luigi Vaccarone lancia un invito ai colleghi alpinisti:  “sta a voi il riconfermare essere erronea la fama che diceva inaccessibili le montagne nell’ inverno;  ciò che hanno potuto alcuni, possono tutti del pari; adoprate gli stessi mezzi e otterrete i medesimi effetti”.

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