Uja di Mondrone (2964m) – parete nord est – Via Asbestosi

23 Giu 2020 | Arrampicata

Un diedro, una salita un po’ particolare nel cuore della “nord” della Mondrone

ALPI: Graie Meridionali

VALLE: Val d’Ala

LOCALITA’: Frazione Molera

APRITORI / DATA: Luca e Matteo Enrico e Diego Margiotta / 08-08-2016

ESPOSIZIONE: nord-est

SVILUPPO: 450m

DIFFICOLTA’: ED-, max 6B

MATERIALE IN POSTO: nulla

MATERIALE OCCORRENTE: La via è stata aperta con una sola serie di friend ma conviene raddoppiare le misure medie (e un n°4 BD può tornare comodo per il secondo tiro), nut, una buona scelta di chiodi (soprattutto per fare le soste).

AVVICINAMENTO:

Seguire la strada della Val d’Ala fino a Chialambertetto, girare a dx sulla vecchia statale e tornare verso valle salendo in auto fino alla piccola frazione Molera. Parcheggiare all’ultimo tornante prima dell’abitato in prossimità circa dei cartelli indicatori che segnalano il sentiero 233 GTA.

Seguirlo fino all’Alpe le Piane (2030m), non girare a sx verso la normale dell’Uja ma proseguire in direzione del bivacco Molino, passo dell’Ometto. Giunti al Molino (2290m) continuare brevemente sul sentiero e quindi salire per la pietraia all’attacco della via, posto nella porzione sx di parete, sotto la quale passa il canalone che dà accesso alla cresta Est (ci sono bolli gialli poco visibili). Come direttrice di salita prendere la sequenza dei grandi diedri biancastri. Attacco a quota 2500m circa, 2h 30’.

NOTE:

Via nata per caso nel tentativo di ripetere la “via del ritorno”. La nuova via ha un attacco completamente indipendente e soprattutto supera integralmente il grande diedro della parte superiore, evitato dalla “via del ritorno” (con questa ha in comune alcuni inevitabili tratti). L’arrampicata, particolarmente nello strapiombante diedro superiore, è estenuante e pericolosa, si svolge su roccia da marcia a molto marcia, molto spesso superando lame di amianto puro. Le soste, seppur comode, sono sempre da allestire su chiodi discreti ma mai davvero buoni. Un vero viaggio per gli amanti del genere. Alcuni passaggi sono difficili, tipo la fessura del secondo tiro e quella strapiombante alla fine della via (gradata sul 6B), nel diedro è difficile dare un grado, gli appigli ci sono ma la qualità della roccia rende quasi impossibile una gradazione.

Il nome “Asbestosi” nasce dalla massiccia presenza di amianto e dalle caratteristiche mortali di questa malattia…

Forse nel suo complesso è la via più impegnativa e pericolosa dell’Uja.

DESCRIZIONE VIA:

La via attacca sulla destra di uno speroncino e supera nella lunghezza iniziale una serie di fessure diagonali a sx su roccia rossa, ci si trova quindi su un terrazzo da dove appare evidente un diedro nerastro solcato da una bella e larga fessura, salirlo trovandosi quindi su una seconda terrazza. Qui stando a sinistra del grande diedro biancastro salire un po’ a sinistra per poi tornare a destra sotto una serie di fessure verticali. Superarle fin dove muoiono sotto uno strapiombo, non andare verso il diedro a destra ma traversare su una cornice decisamente verso sinistra. La cornice che diventa rampa sale ancora ascendendo verso sinistra, alla base di una placca verticale. Qui si nota un chiodo della “via del ritorno”, che arriva in questo punto partendo dal basso più a sinistra. Salire l’evidente e invitante placca spostandosi al suo termine un po’ verso destra salendo, traversare ancora portandosi alla base di un evidente diedro-canale. Salirlo stando sulle placche di sinistra, caratterizzate da curiose concrezioni che sembrano quasi incollate alla parete, fino a dove si trasforma in una umida fessura nera strapiombante (questo tratto è forzatamente in comune con la “via del ritorno”). In alto a destra si nota una liscia placconata spiovente giallo-rossa (ben visibile dall’attacco), raggiungerla per un diedro aperto e quindi traversarla facilmente fino a trovarsi sulla grande terrazza detritica triangolare, invisibile però dal punto di attacco della via e posta circa a metà parete.

Traversarla salendo fin contro la placconata sovrastante. Stare per 60m sulla serie di placche a sinistra del canale, non difficili ma divertenti e su roccia buona (qui la nostra via, la “Alasonatti”, la “via del ritorno” e la “Ortelli-Biino” sono tutte più o meno in comune), fino all’inizio dell’evidente diedro della parte superiore di parete. Aggirare la prima parte molto strapiombante, che nasce direttamente dal canale, facendo un tiro in traverso verso destra in un diedrino (lunghezza comune alla “via del ritorno”) fino all’inizio del diedro vero e proprio. Con 3 lunghezze superare interamente il diedro biancastro e strapiombante su roccia molto marcia e caratterizzata da lastre di amianto (la “via del ritorno” passa invece sulle placche rossastre di destra, torna a sostare nel fondo del diedro e quindi ritorna a destra sulle placche nere, evitando di fatto il superamento integrale del grande diedro. Sul terrazzino della seconda sosta si trova un vecchio chiodo con cordino utilizzato probabilmente dagli apritori della “via del ritorno” per portarsi verso destra sulla placca nera). Giunti su un comodo terrazzino il proseguimento diretto appare problematico, traversare allora verso destra in leggera discesa e salire quindi su una placca nerastra fino a sostare sotto una fessura-lama nera e strapiombante. Salirla con difficile e atletica arrampicata sostando poco sopra sotto uno strapiombino. Sulla sinistra si nota una cornice-placca spiovente molto esposta, raggiungerla e traversare senza grosse difficoltà ma in piena esposizione fino al crestone che scende dalla vetta. Superare direttamente le belle placche rossastre che via via si fanno più facili per circa 60m. A questo punto le difficoltà terminano e in breve si perviene in vetta. Dalla base abbiamo impiegato 10h 20’

DISCESA:

Per la bella e segnalata normale si ritorna all’Alpe le Piane e quindi a Molera (2h circa).

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