Storie d’acqua…non esiste salvagente per l’alpinista

13 Giu 2020 | Articoli e racconti

Che c’è di più duro d’una pietra e di più molle dell’acqua? Eppure la molle acqua scava la dura pietra.
(Ovidio)

Così scriveva il poeta Ovidio, effettivamente l’acqua possiede una perseveranza incredibile se si pensa che scava la terra e la dura roccia per millenni fino a creare profondi canyon, sembra calma, tranquilla ma poco per volta, granello dopo granello, erode e arrotonda tutto…….mostra tutta la sua potenza solo quando si “arrabbia” davvero, allora in un impeto di collera spazza via campi, case e ponti, distrugge e devasta, sommerge e allaga. Dell’acqua che silenziosamente svolge il suo incessante lavoro ce ne accorgiamo poco, viceversa dall’acqua “arrabbiata” dobbiamo scappare più in fretta che possiamo, perché se finiamo sotto le sue grinfie siamo spacciati.

Non sono mai stato un grande amante dell’acqua, anche se è uno degli elementi più affascinanti e di lei ce ne accorgiamo veramente quando ci manca, un odio amore da cui non ci si può affrancare.

Parlando di montagna tutti immaginano l’alpinista abbarbicato a qualche parete impossibile, con le pietre che cadendo gli sibilano a fianco, con il rumore assordante dei seracchi che crollano e delle valanghe che scivolano via da vertiginosi versanti. In questo ambiente irto di pericoli l’alpinista lotta per arrivare in vetta, cercando di evitare la notte e la bufera, sferzato dal vento gelido che gli intorpidisce gli arti e gli rende arduo il respiro. Nell’immaginario collettivo chiunque si immagina i pericoli della montagna in questi termini, viene da ridere a pensare che un alpinista può anche annegare…

E si badi bene non in una qualche trasferta marittima magari a causa delle scarse capacità natatorie…No, proprio in montagna, magari dopo aver schivato pietre e valanghe ed aver superato indenne la bufera.

Era uno di quei finesettimana dal tempo incerto, le previsioni non erano così pessime ma nemmeno belle, davano possibilità di temporali, insomma quei giorni in cui si vorrebbe andare qui e là ma di fatto bisogna limitarsi, trovare un qualcosa di piacevole ma con un approccio non troppo lungo, da fare in giornata, e pure abbastanza vicino a Torino in modo da non spendere troppi soldi se va buca.

Eravamo mio fratello, Luca Brunati ed io.

  • Dove andare?

 

Ci venne in mente che c’era un posto in Val di Viù, un posto che rispondeva alle caratteristiche che cercavamo: la Losa d’Alais. Una grande placconata posta nel vallone d’Arnas, che si dirama dalla valle principale subito dopo Usseglio. Optammo per quello.

La giornata non era certo bella, carica di umidità, ma nemmeno così pessima, al limite ci saremmo presi una lavata. Però l’approccio è sostanzialmente in piano e nemmeno così lungo, in fondo avremmo potuto tentare, senza troppi danni, di fare una via. Sul sentiero a un certo punto scendemmo nel letto di un torrente completamente secco, abbastanza scavato, profondo ma incredibilmente senza una goccia d’acqua.

Forse dicemmo anche:

  • Se piove speriamo che non si riempia troppo!

 

Superatolo riprendemmo a traversare e finalmente arrivammo alla base della parete.

Sono passati davvero troppi anni e non ricordo bene la via, ricordo il colore della roccia, alcuni passaggi delicati e su tacche, una chiodatura nemmeno così generosa. Forse ne facemmo addirittura due di vie, tanto il meteo sembrava tenere.

Quando arrivammo alla base e cominciammo a prepararci per rientrare capimmo però che le previsioni non erano così errate: la pioggia sembrava ormai imminente. Si alzò anche quella leggera nebbiolina sempre foriera di una lavata ormai prossima.

Iniziò a piovere, velocemente divallammo arrivando in breve al torrente secco.

Ne superammo l’alveo portandoci sulla riva opposta, almeno, così pensammo, eravamo comunque a posto, già dalla parte dove avremmo dovuto continuare la discesa.

Piovigginava.

Addossato all’argine c’era un bel roccione, con il lato che guardava monte leggermente strapiombante. Un ottimo riparo per sperare che quella pioggerella smettesse un attimo.

  • Ci fermiamo un momento?

 

Tutti e tre optammo per fermarci, ci addossammo al masso in fila, io ero l’ultimo, quello più vicino al centro del torrente. Convenimmo che la scelta era azzeccata perché nel mentre la pioggia riprese forza.

Per stare meglio addossato al nostro riparo mi levai lo zaino, posandolo semiaperto vicino alle gambe.

I minuti passavano ma la pioggia continuava.

Che fare?

Aspettammo ancora, appena ci fosse stata una pausa saremmo schizzati via, tanto da lì non mancava poi nemmeno così tanto all’auto.

L’alveo del torrente, ancora secco nonostante la pioggia, era sbarrato poco a monte di dove eravamo noi da un ripido salto roccioso, sopra si intuiva un ripiano seguito da una successione di altri salti, che si perdevano nella nebbia che ne frattempo si era venuta addensando contro la montagna, sfilacciandosi di tanto in tanto e creando un gioco di vedo e non vedo.

Essendo rivolti con la faccia a monte avevamo davanti il ripido salto.

Continuava a piovere.

A un tratto un filo d’acqua iniziò a colare dal salto, con una portata insignificante che creò solo un piccolo rivolo nell’arido alveo.

La nebbia andava e veniva.

Copriva e svelava.

Osservavo il salto, aguzzando la vista attraverso quell’aria lattiginosa.

A un certo punto dissi:

  • A me sembra che stia aumentando…..

 

Luca guardando gridò:

  • Via! Via!

 

Luca e Teo, che si trovavano dalla parte dell’uscita schizzarono via alla velocità della luce……

Nel frattempo quel rivolo appena ingrossato era divenuto una cascata, l’acqua, adesso sì, aveva tumultuosamente iniziato ad invadere l’alveo…..

Io mi attardai un attimo in più a rimettermi lo zaino in spalla e poi ero l’ultimo…….vidi che l’acqua stava salendo sull’argine, lambendo ormai i piedi dell’ultimo dei due fuggitivi…..

Tutto durò una frazione di secondo…

L’istinto mi disse: tempo che passi tu e tutto sarà invaso dall’acqua.

Vidi che la faccia di sinistra del roccione non strapiombava, mi ci buttai sopra….afferrai delle prese fradice…..nel frattempo l’acqua si era “arrabbiata” per davvero………la cascata era diventata enorme, la corrente impetuosa, un’acqua densa e marrone che tutto stava invadendo.

Dall’alto Luca e Teo si sporsero e mi afferrarono per le braccia. Mi ritrovai steso sul prato, sotto la pioggia.

Come in una di quelle scene dei film d’azione che pensiamo di vedere solo al cinema, comodamente seduti sulla poltroncina.

Però ero scampato alla furia dell’acqua.

Adesso eravamo al sicuro eppure, seppur tardivamente, ci allontanammo repentinamente….ma un boato terribile ci fece voltare: l’onda di piena, dovuta probabilmente a tutta l’acqua accumulatasi in qualche pozza a monte, arrivò all’improvviso….una cascata più che enorme, gigantesca, tonnellate d’acqua tumultuosa, terrificante.

Scappammo all’auto.

Ce ne andammo in silenzio.

Sulla Provinciale, la “direttissima della Mandria”, pioveva a dirotto.

Non parlammo.

A ripensarci forse è l’unico episodio negativo vissuto in montagna che mi ha lasciato un po’ di paura…

Agosto 2018. Primo giorno di vacanza. Andiamo in Sea. Un’altra giornata incerta. Il temporale quasi scontato.

Allo Specchio decidiamo di ripetere “Sogno di Sea” ma sul penultimo tiro le prime gocce ci inducono a scendere.

Saggia scelta perché appena alla base la pioggia aumenta, facciamo appena in tempo a rannicchiarci, in tre, in una esigua nicchia sotto un piccolo strapiombo.

La pioggia aumenta tanto da diventare quasi un tifone tropicale. Piove in maniera violenta, a secchiate. Sentiamo le grida di “piacere” di due scalatori che stanno scendendo sul sentiero……

Noi ce ne stiamo lì…..prima o poi smetterà.

Ma anzi sembra peggiorare.

Vento e pioggia, un vero muro d’acqua.

Ci rannicchiamo ancor di più, un leggero rivolo inizia a fare il giro della volta dello strapiombo sotto cui siamo. Una fastidiosa goccia mi cade ora sulla schiena.

Mi rigiro e mi contorco ma lo spazio è davvero esiguo.

Se non smette cominceremo a bagnarci.

L’uragano ci provoca anche un po’ di apprensione: è davvero terribile…mai vista una cosa così…Uno spesso muro di nebbia ci avvolge.

Ad un tratto sentiamo un boato fortissimo.

La nebbia finalmente si dirada.

Allora sul versante opposto della valle vediamo che una delle cascate di solito quasi a secco è diventata enorme, creando un torrente che si riversa nella Stura.

Smette di piovere.

Scendiamo verso il guado……si passerà?

La corrente è fortissima, l’acqua esageratamente alta, tumultuosa e torbida.

Proviamo a passare ma è troppo pericoloso.

Allora decidiamo di provare a raggiungere il Santuario dal lato idrografico destro, cercando una vecchia traccia di sentiero. La traccia solo a tratti esiste ancora, sembra di essere nella foresta pluviale, felci gigantesche ci avvolgono infradiciandoci tutti. Ma alla fine arriviamo a destinazione.

Siamo tutti bagnati eppure in fondo è stata una bella avventura.

Dall’acqua, in montagna, bisogna guardarsene bene!!!

Luca Enrico

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