di Marco Blatto
La Sosta originale di Isidoro Meneghin sulla terrazza finale
“Via dei cavernicoli”
Il complesso roccioso che si delinea immediatamente a destra della Cascata del Massiet, rappresenta un po’ un mondo a sé stante sulla sinistra idrografica del Vallone di Sea. E’ un mondo costituito da brevi pareti, ciascuna con la propria indipendenza e “dignità morfologica”. Così, a destra del salto d’acqua, oltre la “Sfinge”, si apre la “Gola di Bocor”, malagevole e umido accesso alle cenge superiori e al Vallone di Marmorand, passaggio un tempo utilizzato dai cacciatori. Questa rampa – terrazza inclinata, abbastanza ampia di sopra della gola, separa il “Muro (o Parete) delle Gemme”, dai sottostanti salti molto articolati, di uno gneiss che varia da una tessitura occhiadina, molto compatto, come per la “Parete della Bestia Nera”, ad altri a grana molto fine e più scistosa, come lo “Sperone dei Nomadi”.
Sulla prima parte del pilastro
Quest’ultimo è separato da un evidente pilastrino secondario, molto fratturato, da un canale spesso umido in primavera o dopo piogge abbondanti. Addirittura una piccola slavina vi precipita a inizio primavera. Il pilastrino, è percorso da una via che è rimasta tra le più dimenticate dell’intero vallone per quasi quarant’anni: “La via dei cavernicoli”. E’ opera di un solitario Isidoro Meneghin, che nel novembre del 1986, esplorò quest’area che si estende fino allo “Speroncino dell’Improvvisazione”, aprendo una serie di itinerari brevi ma interessanti. “La via dei Nomadi”, soprattutto dopo il restyling del 1998, è diventata una delle linee più frequentate e abbordabili di Sea, mentre la sua vicina, forse per la roccia più friabile e minacciosa, ha conosciuto nei decenni pochissime ripetizioni. Una visione non del tutto priva di fondamento, perché nella primavera del 2018, un crollo nella prima parte del pilastro ha reso precario il vecchio itinerario.
Il diedro – camino del secondo tiro
Era tuttavia un peccato non pensare a un recupero della “Via dei cavernicoli”, al meglio delle possibilità attuali, cercando di rimuovere blocchi instabili e piazzando qualche solida protezione, oltre ovviamente le soste. Nella prima parte, abbiamo cercato di tenerci più a destra del pilastrino, sul margine del canale già segnalato come variante nel libro “Sogno di Sea di Gian Carlo Grassi”, canale che comunque è spesso umido e intasato da frammenti del crollo. Ne è uscita una lunghezza su roccia abbastanza buona, e che pareggia i conti con la difficoltà del diedrino iniziale della via originale. Con un’opera complessa di disgaggio, in futuro, non è detto che non si riesca a ripristinare anche questo tratto. La via è molto particolare, specie nel diedro-camino del secondo tiro, dove un po’ di cautela, specie in uscita, è ripagata da un ambiente molto particolare.
L”ultima sosta
Segue l’ultima lunghezza, anche questa delicata ma su roccia in maggior parte buona. L’uscita dalla nicchia strapiombante, valutata in origine V, da una dimensione della maestria di Isidoro nella scalata in solitaria. Pur con riluttanza, abbiamo deciso, nel restyling salendo dal basso, di mettere qualche fix in più sui passaggi, ma considerata la qualità della roccia è una scelta che consideriamo legittima. La via però è in gran parte da proteggere e le difficoltà basse non devono ingannare: un certo impegno è richiesto. Segnaliamo che alcuni blocchi poco stabili ci sono ancora e raccomandiamo cautela. Del resto la scalata nel vallone si discosta da qualsiasi altra arrampicata nelle Valli di Lanzo. Bisogna entrare in sintonia con il luogo e con la roccia, capirne i punti deboli e quando serve mettere in campo la necessaria esperienza.
Via dei cavernicoli
Tracciato Cavernicoli
Prima salita: Isidoro Meneghin in solitaria nel novembre del 1986
Restyling: M.Blatto, F.Chiarottino e U.Lardieri nell’ottobre 2021
Sviluppo: 90 m
Diff: I/RS1; 6a (5c obbl.)
Materiale: in posto vi sono 9 fix in tutto da integrare più due chiodi originali. Friend 0.75, 1, 2 doppio, 3. Utile ma non indispensabile qualche nut piccolo
Accesso: lungo il segnavia 308 nel vallone di Sea, fino quasi alla passerella di Balma Massiet. Salire allora a DX la ripida pietraia e poi lo zoccolo erboso, puntando allo “Sperone dei Nomadi”. La via attacca otto metri a DX della “Via dei nomadi” (ometto e scritta alla base; ore 1 da Forno A.G.)
In apertura sul tiro nuovo
L1: tiro nuovo. il crollo in alto di una buona porzione dello sperone ha compromesso l’attacco originale. Salire un facile muretto a gradoni fino a una terrazza, con i blocchi del crollo, di cui, uno, ancora poco stabile. Salire un muretto verticale e portarsi in una nicchia, dove parte un diedrino ad arco che si chiude sullo spigolo. Salirlo proteggendosi (sbilanciante) fino a un fix, poi uscire sullo spigolo 6a/6a+. Continuare sullo spigolo fino a quando si può spaccare a destra su una placchetta, che conduce a una rampa erbosa con pianta, dove vi è la S1 (30 m, 4 fix).
L2: Salire verso il diedro camino soprastante (attenzione! A DX della sosta c’è ancora un blocco instabile!) fino a un fix visibile. Salire sulla faccia sinistra fino ad agguantare una fessura molto bella che origina da un diedrino secondario e seguirla fino all’uscita 5b, dove vi è la rampa di sosta. (25 m; 2 fix e 1 chiodo originale). Da S2 invece di andare nel camino si può continuare a SX e uscire nel diedro della variante “Blatto – Rivelli” (2011, 5a, nulla in posto, difficile da proteggere)
L3: salire la rampa erbosa a sx, poi, individuare a DX un camino sbarrato da un blocco incastrato minaccioso. Salire a SX del blocco (chiodo originale), poi entrare alla base della grotta strapiombante che origina il camino, sbarrato in alto da un tetto. Salire sulla faccia DX verso un fix e afferrare con cautela lame e blocchi fessurati (attenzione! Qualcosa di mobile c’è ancora!) portarsi nella fessura che chiude il tetto della grotta e ribaltarsi sopra con passo atletico e in spaccata 6a (o 5b/A0), quindi uscire sulla terrazza erbosa superiore e alla S3 (25 m, 3 fix e 1 chiodo originale).
Discesa: in doppia lungo la via